In costanza di matrimonio spesso accade che uno dei coniugi acquista beni, mobili o immobili, con denaro ricevuto da donazioni o successioni (per es. con aiuto dei genitori) e in questo caso l’acquisto rientra nell’ambito dell’art. 179 c.c. e, quindi, il bene non rientra nella comunione legale. Tuttavia, può accadere che all’acquisto concorra anche l’altro coniuge e ciò comporta delle “complicazioni”.
Facendo l’esempio di un bene immobile o di un bene mobile registrato, l’art. 179 ultimo comma sancisce che: “L’acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell’articolo 2683, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lettere c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge.” Cioè, nell’atto di acquisto il coniuge non acquirente effettua un “rifiuto al coacquisto”, tuttavia de facto il bene viene acquistato con denaro proveniente da donazione o successione (art. 179 lettera b c.c.). In questo caso specifico, particolare, ma molto frequente, non rileva più la dichiarazione del rifiuto al coacquisto, ma l’accertamento della provenienza del denaro utilizzato. Quindi, quando abbiamo un acquisto effettuato in parte con denaro proveniente da donazione dovrà ritenersi che quella parte, e solo quella parte di bene, sarà di proprietà esclusiva del donatario. Resta la residua parte di bene, non acquistata con denaro personale dell’intestatario, soggetta al regime della comunione legale tra i coniugi.
Ciò è stato stabilito dalla Cassazione civile, sez. II, sentenza 16 luglio 2021, n. 20336, conformandosi, ma ampliando le motivazioni alla Cass. n. 10759/2019 e superando definitivamente il diverso orientamento dato dalla Cass. n. 2149/2014.