La dichiarazione di dissenso ad un trattamento terapeutico è da considerarsi operante anche quando a seguito di complicanze, conosciute, lo stesso trattamento si renda necessario per salvare il paziente da un pericolo di vita?
Nel caso in oggetto si trattava di una testimone di Geova che aveva rifiutato la trasfusione, ma che a seguito dell’intervento si era resa necessaria per scongiurare un grave pericolo di vita e che quindi le veniva comunque fatta, nonostante il suo dissenso, sulla base delle mutate condizioni cliniche.
La Cassazione con la sentenza 29469 del 2020 ha risposto al quesito affermando che:
il testimone di Geova che fa valere il diritto di autodeterminazione in materia di trattamento sanitario a tutela della libertà di professare la propria fede religiosa, ha il diritto di rifiutare l’emotrasfusione pur avendo prestato il consenso al diverso trattamento che abbia successivamente richiesto la trasfusione, anche con dichiarazione formulata prima del trattamento medesimo, purché dalla stessa emerga in modo in-equivoco la volontà di impedire la trasfusione anche in ipotesi di pericolo di vita.
Richiamando dei precedenti giurisprudenziali la Corte ha affermato che il paziente ha sempre il diritto di rifiutare le cure mediche che gli vengono somministrate, anche quando questo possa causare la morte. Il dissenso, però, per essere valido al punto di poter esonerare il medico e la struttura sanitaria, deve essere espresso, in equivoco ed attuale. Non basta una generica manifestazione di dissenso è necessario una informazione piena, accurata e attuale sulla gravità della situazione e sui rischi derivanti dal dissenso.
Il consenso INFORMATO come cristallizzato dalla Corte Cost. del 23 dicembre del 2008 nr. 438 è un espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura come vero e proprio diritto della persona e trova il proprio fondamento nella costituzione art. 13 e 32 che sanciscono che la libertà personale è inviolabile. Nel caso di specie veniva in rilievo anche la libertà di religione, ma il dato che ci interessa è la costanza con cui viene nuovamente affermata la pienezza e l’intangibilità del consenso informato spinto fino al punto di poter rifiutare anche un trattamento sanitario che potrebbe salvare la vita del paziente, ma solo se l’informazione sia completa, dettagliata, chiara e contestuale alle condizioni attuali.
Il corretto consenso informato non è solo necessario al paziente, ma soprattutto al medico per porlo al riparo da ogni eventuale conseguenza che viene garantito dalla legge, tuttavia spesso viene sottovalutato e viene esposto in maniera fugace e superficiale compromettendo non solo il diritto del paziente, ma anche il medico e la struttura sanitaria. (L. n. 219 del 2017)